Uno sguardo che cambia tutto (seconda parte)

La madre di Mosè – che ancora non si chiama così – ha affidato il bambino al Nilo, al caso, forse al Dio che la sua tribù (Levi) adora. La cesta col bambino è fra le canne, in riva al fiume. La sorella del bimbo la tiene d’occhio. Nel seguito del libro dell’Esodo, impariamo che si chiama Miriam. Il suo nome ebraico diventa Maria in greco. Da lontano, non perde d’occhio il bambino il cui destino è in pericolo, ma che pure sarà il salvatore del suo popolo. Miriam/Maria; Faraone/Erode! Sarebbe troppo audace fare un parallelo con un salvatore che deve venire? Miriam non è più di una semplice sorella che ama? Molti anni dopo, Mosè fa attraversare il mare al popolo liberato mentre l’esercito egiziano viene inghiottito dai flutti. Allora «Maria, la profetessa, sorella d’Aaronne, prese in mano il timpano e tutte le donne uscirono dietro a lei, con timpani e danze. E Maria rispondeva: «Cantate al SIGNORE, perché è sommamente glorioso: ha precipitato in mare cavallo e cavaliere».» (Esodo 15:20) Sono due le cose da notare in questo strano versetto: Miriam è presentata come profetessa. Da dove viene questo titolo? E inoltre è solo più la sorella di Aronne e non di Aronne e Mosè? Perché non è menzionato Mosè? La risposta è in un solo punto: Miriam ha ricevuto il dono della profezia addirittura prima della venuta di Mosè, quando non figurava ancora fra i suoi fratelli. In che cosa era profetessa? In ciò che ha saputo che la venuta del fratellino era anche la salvezza di Dio per il suo popolo oppresso. Questa è un’interpretazione seducente di diversi commentatori ebrei. Il suo sguardo sugli eventi cambia tutto e si apposta sulle rive del Nilo per vedere cosa succederà al bambino. Il seguito della storia prova che un piano divino si sta delineando. E, in questo compimento della storia, Miriam vuole avere un ruolo. Il piano di Dio è sempre in corso d’opera e di sviluppo: troviamoci il nostro posto visto che siamo, anche noi, portatori della Parola, profeti!

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